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Along the Nile
Through the Archives
and Into the Web

A Virtual Exhibition
of the Archaeological Activities
of Sapienza University of Rome in Sudan

Introduzione

Le attività archeologiche della Sapienza Università di Roma

Una storia italiana nella Nubia sudanese, tra passato e futuro

La storia delle spedizioni archeologiche condotte in Sudan della Sapienza Università di Roma — fino all’inizio degli anni Ottanta del Novecento denominata semplicemente Università di Roma, essendo allora l’unico ateneo della Capitale — rappresenta un segmento importante della storia dell’impegno italiano nella salvaguardia del patrimonio archeologico sudanese ed è strettamente connessa alla campagna di salvataggio dei monumenti nubiani promossa dall’UNESCO in occasione della costruzione della “grande diga” di Assuan, che avrebbe determinato la formazione del lago Nasser e il conseguente sommergimento dei monumenti che non fossero nel frattempo stati trasferiti altrove.

Dettaglio della conservazione delle strutture in mattone crudo a Tamit

Dettaglio della conservazione delle strutture in mattone crudo a Tamit

Raccontare, seppur brevemente, tali ricerche vuol dire dunque narrare dei lunghi, continuativi e fruttuosi rapporti di collaborazione tra l’Italia e il Sudan.

Questa breve mostra virtuale, di taglio archivistico, che si giova e valorizza, tra le altre risorse, materiali documentari appartenenti ad archivi privati e in deposito presso il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo (MVOEM), mira dunque a illustrare i risultati delle missioni “storiche” della Sapienza in Sudan — a Tamit (1964), a Sonqi (1967-1970) e a Jebel Barkal (1973-2004), oltre a varie altre esplorazioni compiute in quegli stessi anni tra la seconda e la quarta cataratta —, ma al contempo guarda al futuro dei rapporti tra la Sapienza e il National Corporation for Antiquities and Museums (NCAM) che, insieme, attraverso una missione congiunta, lavoreranno presso il tempio meroitico di Hugair Gubli e nell’area di Magal (quarta cataratta).

Panoramica del sito del Diff di Sonqi

Panoramica del sito del Diff di Sonqi

La campagna di salvataggio dei monumenti nubiani

Dal 1 all’11 ottobre 1959 lo United Nations Educational Scientific and Cultural Organisation organizzò un Meeting of International Experts on the Safeguarding of the Sites and Monuments of Ancient Nubia.

Smontaggio dei colossi del tempio maggiore ad Abu Simbel

A sinistra e al centro: smontaggio dei colossi del tempio maggiore ad Abu Simbel durante i lavori per il salvataggio del sito dalla crescita delle acque del lago Nasser (©UNESCO/Nenadovic 1966/Vorontzoff 1965). A destra: una delle sfingi del tempio di Ramses II a Wadi es-Sebua minacciato dalla costruzione della Grande diga di Assuan (©UNESCO/Almasy 1960)

L’Italia venne rappresentata da Pietro Gazzola, professore di ingegneria presso il Politecnico di Milano e Sovrintendente ai Monumenti di Verona, in qualità di membro effettivo del team di esperti, e da Sergio Donadoni, all’epoca direttore dalla missione archeologica dell’Università di Milano, in qualità di osservatore.

Lo scopo dell’incontro era naturalmente quello di stilare un piano ragionato e tempestivo degli interventi da mettere in campo.

In quella occasione, tuttavia, e in tutte quelle che caratterizzarono la prima fase della Campagna per il salvataggio dei monumenti della Nubia, iniziata ufficialmente solo nel 1960, ai siti archeologici sudanesi venne riservata, anche per questioni logistiche, una minore attenzione rispetto a quelli egiziani.

Finalmente, dal 18 al 22 aprile 1966, venne organizzata a Venezia una Réunion international pour le campagne archéologique de Nubie soudanaise. L’Italia venne ancora una volta rappresentata da Sergio Donadoni, ormai titolare della cattedra di Egittologia alla Sapienza e, da due anni, direttore della missione romana attiva a Tamit.

La discussione venne presieduta dal Dr. John Otis Brew, della Harvard University, alla presenza di alcuni funzionari UNESCO e del Direttore Generale della Antichità in Sudan, Dr. Sayed Thabit Hassan.

Durante la riunione venne illustrata la “necessità in missioni, tecnici, materiali, fondi richiesti per la esplorazione della zona del Batn el-Hajar (il “ventre di pietra”) compromessa dal Sadd al-ʿĀlī (“alta diga”), sottolineando al contempo “le difficoltà del lavoro in quella zona, che, impervia e povera per natura, è ora anche abbandonata dagli ultimi residenti e ridotta a quasi un deserto”.

Non deve essere dimenticato, infatti, che oltre a mettere in pericolo il patrimonio archeologico, il rapido riempimento dell’invaso del Lago Nasser determinò dei drammatici effetti anche sulla popolazione nubiana, che in molti casi dovette abbandonare il proprio villaggio, rinsediandosi altrove.

Verso lo scavo di Sonqi (o Sonki) Tino

“Un intervento in favore delle antichità sudanesi” — commentò Donadoni il 25 aprile 1966 —, “se vuole essere qualificato e non generico, può per noi italiani configurarsi fondamentalmente sotto due profili: o con l’invio di tecnici da mettere a disposizione della missione diretta dal Servizio delle Antichità Sudanesi (specie restauratori) — o con una attività analoga a quella che è stata svolta dall’Italia nella Nubia Egiziana (anche se, ovviamente, più ridotta), e cioè con l’invio di una missione archeologica che metta a frutto l’esperienza che ormai è stata maturata nel lavoro nubiano e che già ha dato buoni risultati.

Lettera autografa di Sergio Donadoni all’ambasciatore italiano

Lettera autografa di Sergio Donadoni all’ambasciatore italiano Giuseppe Puri Purini (29 giugno 1966), in cui lo studioso ricorda la partecipazione alla Réunion international pour le campagne archéologique de Nubie soudanaise tenutasi a Venezia nell’aprile dello stesso anno, e prospetta l’intenzione di avviare un progetto archeologico nella regione a rischio del Batn el-Hajar (Documento d’archivio MVOEM)

Questa seconda attività sarebbe la sola capace di determinare l’arrivo in Italia di materiale archeologico sudanese, secondo uno schema di divisione paritetica dei ritrovamenti.

Le autorità sudanesi presenti al convegno hanno dichiarato che, in caso di nostro intervento archeologico, ci affiderebbero volentieri la zona di Diffinarti e la chiesa di Sonki West, ricca — pare — di pitture murali che dovrebbero essere asportate”.

Fu effettivamente così: nel 1967, grazie a un finanziamento del C.N.R, a cui si unì un contributo della Santa Sede, venne organizzata una prima campagna nell’area di Batn el Haggar, presso la seconda cataratta, e più precisamente nella località di Sonqi Tino o Sonqi West, ove — come si vedrà più avanti — venne scoperto un piccolo edificio ecclesiastico completamente coperto di dipinti in ottimo stato di conservazione.

Una delle sfingi del tempio di Ramses II a Wadi es-Sebua

Telegramma di P. Giovanni Vantini a Sergio Donadoni (22 febbraio 1967) in cui il missionario comboniano conferma l’avvenuta concessione della licenza di scavo da parte di Thabit Hassan Thabit, allora direttore del Sudanese Antiquities Service, e la possibilità di far partire la prima campagna a marzo dello stesso anno

Tali dipinti, dopo essere stati restaurati a Firenze, presso i laboratori degli Uffizi (integrando le lacune con un impasto di sabbia e limo fatti portare appositamente dal Sudan) ed esposti a Roma presso il C.N.R. e poi a Torino, in occasione della settimana dei musei, sono oggi conservati in parte presso il Museo Nazionale del Sudan, a Khartoum, e in parte presso il Museo del Vicino Oriente, Egitto e Mediterraneo della Sapienza Università di Roma.

Una stretta collaborazione tra la Sapienza, il governo sudanese e la Santa Sede

Una parte significativa del successo della campagna a Sonqi Tino e delle conseguenti esplorazioni delle aree limitrofe – il villaggio fortificato di Diffinarti, situato a circa 4 km a sud di Sonqi, la necropoli e altri siti – si deve alla sinergica e non molto nota collaborazione tra le autorità sudanesi, la Sapienza e la Santa Sede, rappresentata dal P. Giovanni Vantini, missionario comboniano ed esperto di cultura nubiana, che provvide, tra le altre cose, alla logistica della missione.

Dal fitto scambio epistolare tra Vantini e Donadoni si colgono preziosi stralci di vita quotidiana, di fitti rapporti con le altre missioni e, soprattutto, della stretta collaborazione con l’allora Dipartimento di Antichità Sudanesi diretto da Sayed Thabit Hassan.

Il 21 dicembre 1967, per esempio, così scrive Vantini:

… Qui si trovano già sul posto: la Missione Polacca (Dongola Vecchia, 12 dic.), la Svizzera (Akasha già scavata, ora si trasferiscono ad Argo), la Francese (17 dic.) per Mirgissa, la UNESCO-SERV. ANT. (Mills & Schoenback) nei pressi di Semna ma poi si trasferiranno vicino ad Ambikol, Schiff Giorgini (da nov; Prof. Leclant arrivato 19 dic.), Madame Hintze riparte per Berlino lasciando a Musawarat due esperti, ma il Prof. Hintze non è venuto e si dice che quest’anno non verrà (?) Il prof. Shinnie riaprirà scavo in città Meroe il 1° genn. 1968 e desidererebbe che Lei lo visitasse (A tal uopo faccio notare che vi sono treni che si fermano a 4 km da Meroe, e poi si potrebbe proseguire per Halfa col treno del giorno seguente) … Qui finora un dicembre caldo: min. 20° - mass. 41° C, ora pare si rinfreschi rapidamente ….

Donadoni risponde circa un mese dopo, fornendo un quadro preciso dei preparativi in corso in Italia e dei restauri dei dipinti e annunciando l’inizio della nuova missione (la seconda del 1968) verso la metà di febbraio:

… Mi auguro che arrivando troveremo ancora un po’ di colleghi da visitare, e che non saremo soltanto noi i folli che scavano fuori stagione. Me ne saluti, intanto, quelli che Lei vedrà ….

Quella delle missioni archeologiche attive in Sudan è insomma una piccola ma coesa comunità. La storia della ricerca sul campo e dei concreti risultati scientifici passa anche dai rapporti di amicizia e colleganza.

Una delle sfingi del tempio di Ramses II a Wadi es-Sebua

Lettera autografa di P. Giovanni Vantini a Sergio Donadoni (31 gennaio 1968), allora Direttore della Missione Archeologica della Sapienza a Sonqi Tino, in cui il missionario comboniano, precedentemente sollecitato da Donadoni, risponde a varie questioni logistiche relative all’organizzazione della campagna del 1968 a Sonqi Tino (Documento d’archivio MVOEM)

Siti illustrati nella mostra

Tamit
(1963) 1964

Tamit

Sonqi Tino
1967 1970

Sonqi Tino

Jebel Barkal
1973 2004

Jebel Barkal

Altri siti
1964 1970

Altri siti

Hugair Gubli
2021  . . .  

Hugair Gubli